Saturday, April 04, 2020




ma uno sguardo al cielo


NON APRITE QUELLA PORTA  2


Dicevamo che una delle cose che possiamo fare in questi giorni è fermarci a guardare il cielo per riscoprire la nostra posizione nell’universo. Questo hanno fatto gli uomini arcaici. L’uomo si alza in piedi e comincia a guardarsi in giro. E rivolge il suo sguardo al cielo. Guarda il sole di giorno, la luna e le stelle di notte. Ne rimane affascinato, e da allora: non ha più smesso. La volta celeste entra nella sua struttura, anzi, apre la sua struttura e gli svela qualcosa di originario. Penso che la volta celeste, ma è una mia interpretazione, diventa cosi importante per l’uomo che egli stesso la chiamerà casa di Dio o degli dei.
Guardare il cielo è l’esperienza fondativa per l’uomo. Comincia a interrogarsi su quello che vede, e più si interroga più capisce che c’è qualcosa che supera i suoi limiti: qualcosa di Infinito e Misterioso
Il cielo svela all’uomo la sua trascendenza, la sua sacralità, la sua forza.
Questa esperienza che l’uomo fa è una esperienza religiosa, che collega l’uomo a una realtà infinita.
Non sto parlando di Dio o di Fede, ma di un uomo che si scopre uomo in una Realtà che lo eccede, che è totalmente altra.
Ecco l’homo religiosus. Non solo l’animale razionale sociale di Aristotele, ma un uomo: capace di A/altro.
Ripeto qui non si parla di Fede, ma di chi è l’uomo nella sua natura più intima. Certo il passaggio a un discorso di fede potrebbe ( e storicamente lo è ) prossimo.
Mi piaceva pensare alla volta celeste in questi giorni perchè penso che non siamo più abituati ad osservarla, e paradossalmente ora abbiamo il tempo di farlo, e poi perchè nel nostro quotidiano normale non siamo molto inclini a riflettere ( io per primo ) su quale sia la portata della nostra identità: siamo esseri religiosi, capaci dell’A/altro. E se, adesso che siamo rintanati in casa e non possiamo più di tanto aprirci all’altro riflettessimo su Altro?
Penso che ci roda stare in casa perchè, che ci piaccia o no, siamo come quello strumento che invia costantemente un segnale verso il cielo alla ricerca di una risposta da parte degli extraterrestri....
Siamo rivolti e gettati verso l’infinito e oltre.
Questo uomo religiosus è affascinante. In una cultura dove prevale l’approccio vodafone ( tutto intorno a me ) o l’approccio alla Marchese del Grillo ( io sono io e voi non siete un c...) dire che l’uomo non basta a se stesso, che non è padrone in casa sua, è dirompente e allo stesso tempo profondamente originari.
 Una delle caratteristiche di questo uomo che mi piace molto e che ho imparato ascoltando il professor Petrosino Silvano è che l’uomo è un abitante abitato.
L’abitazione, l’abitare, la casa, l’habitat, l’abito, abitudine ecc......
Chiudo qui per oggi e vi lascio una storiella di Stefano Benni che credo interessante e indicata su come arrivare a fare esperienza dell’altro al di là di una ragione totalitaria che spesso ci fa perdere l’incontro.



ma ne abbiamo di limiti...?


NON APRITE QUELLA PORTA....


Perchè è difficile chiudere la porta di Casa?

Mi sono chiesto in questi giorni perchè ci pesa cosi tanto stare in casa, chiusi tra le porte delle nostre abitazioni. Banalizzando credo che ci siano dei fattori fisici come il desiderio di muoversi, respirare aria all’aperto, dei fattori psicologici che possiamo chiamare abitudini, modi di vivere, prassi, e poi credo che ci siano dei fattori strutturali a livello ontologico, a livello della natura prima dell’uomo stesso.

Credo che la struttura originaria dell’uomo, di qualsiasi uomo sia quella che viene definita come il suo essere religioso. Il concetto di Homo Religiosus è stato proposto da Julies Ries, come fondamento di una nuova antropologia. L’Homo Religiosus non è un concetto relativo ad una appartenenza di fede o a questo o a quell’altro credo. Il “religiosus” è la chiave riassuntiva della natura stessa dell’uomo. L’uomo ha originariamente in se stesso un riferimento a qualcosa d’altro, a una trascendenza, a un’alterità. Questo riferimento lo definisce. L’uomo prende coscienza di non essere tutto risolto in se stesso, di non essere il padrone di casa sua, ma di essere abitato da una alterità. Nella relazione con questa alterità prende coscienza e struttura la sua identità.

Secondo il Card. Ries, padre dell’homo religiosus, ognuno di noi prende coscienza di se stesso in relazione a:

-          autocoscienza: ognuno di noi sperimenta di avere una coscienza
-          all’apertura all’eccedenza – alterità della trascendenza: lo stupore
-          alla paura e all’angoscia che deriva dalla morte
Sono tre relazioni che si intrecciano contemporaneamente tra di loro andando a definire quell’ambiente nel quale la coscienza stessa dell’individuo si sviluppa. E’ una SCENA UMANA, come dice Petrosino Silvano. Una scena in cui l’uomo è gettato a vivere e a relazionarsi. Umana sta per normale, intrinseca nell’uomo. Sta per originaria: non è una risposta alla paura o ai problemi, non è l’oppio dei popoli. Il religioso è posto all’origine stessa dell’identità dell’uomo, è un processo originario proprio perchè l’uomo si definisce nella sua tensione all’alterità. Non è una risposta alla paura, ma una risposta ad andare verso l’A/altro. Il carattere RELIGIOSO dell’uomo non è figlio delle grandi religioni, le precede.
Ognuno di noi coglie, soprattutto in questi giorni, come egli stesso non sia fatto per stare chiuso in casa e in se stesso. E’ continuamente proiettato verso l’altro. Nella relazione con l’altro si risolve, e si rende pieno. Non possiamo nè evitare nè dominare questa alterità.
Una cosa che possiamo fare in questi giorni di “abitazione sacralmente forzata” è: guardare il cielo, e riscoprire la nostra posizione nell’universo. Guardiamo al cielo per riscoprire come siamo spinti verso altro.
Rifacciamo quello che hanno fatto gli uomini arcaici, riscopriamo come la nostra apertura all’altro si dipana nella relazione con l’altro, nell’entrare in dialogo con l’A/altro. L’uomo è un animale RELIGIOSO.
Ma allora è per questo che ci fa impazzire la porta chiusa?